giovedì 15 maggio 2014

La macchina per scrivere nell'ufficio del "Demokrat"

(pag. 32)
Carla regolò il calendario da tavolo sulla data di quel giorno, lunedì 27 febbraio 1933, poi infilò un foglio nella macchina per scrivere. Digitò il proprio nome completo: Heike Carla von Ulrich. All'età di cinque anni aveva annunciato che il nome Heike non le piaceva e voleva essere chiamata con il secondo nome, e con sua grande sorpresa era stata accontentata da tutti i familiari.
Ogni tasto della macchina per scrivere faceva sollevare un martelletto di metallo che colpiva la carta sopra un nastro inchiostrato, stampando una lettera. Quando per sbaglio premette due tasti, i relativi martelletti si incastrarono. Premere un altro tasto servì soltanto a incastrare anche il terzo martelletto negli altri due. Emise un gemito: aveva combinato un guaio.
Un rumore dall'esterno la distrasse. Andò alla finestra. Una decina di Camicie brune stava marciando in mezzo alla strada e gridava slogan: <<A morte tutti gli ebrei! All'inferno gli ebrei!>>

Macchina da scrivere d'e

(pag. 35)
La mamma si guardò intorno. <<La mia macchina per scrivere!>>
<<L'hanno gettata dalla finestra.>> Carla si rese conto che non sarebbe finita nei guai per aver fatto inceppare il meccanismo.

(pag. 36)
Carla sentì la madre esclamare <<Oh no!>>. Si voltò e la vide fissare la macchina per scrivere sul marciapiede dov'era caduta. La cassa metallica era schizzata via, lasciando scoperte le giunture fra tasti e martelletti. La tastiera era deformata, il rullo si era staccato da una parte e la campanella che annunciava la fine di una riga era abbandonata per terra. Le macchine per scrivere non erano oggetti preziosi, ma la mamma sembrava sul punto di piangere.

La sede del ''Demokrat" viene presa d'assalto da una squadra di camicie brune dopo un articolo considerato ''comunista''. La democrazia tedesca è già sull'orlo del declino.







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